Prima che tutto crolli
Sintesi del libro "Prima che tutto crolli" che ho appena pubblicato sul tema della finanziarizzazione.
Il termine finanziarizzazione è molto usato, ma il suo significato è spesso poco spiegato e ancor meno quindi compreso; perciò il mio libro ha l’obiettivo di dare una interpretazione chiara di questo fenomeno e delle sue conseguenze.
La finanziarizzazione consiste nell’enorme flusso di denaro che va ad acquistare beni d'investimento esistenti (mobiliari e immobiliari) facendone crescere il valore: in particolare il valore delle case è aumentato più dell’inflazione , come pure i criteri di valutazione delle aziende e inoltre gli investimenti si sono diretti verso nuovi beni, come le materie prime.
Questo fenomeno è il frutto di una pluralità di eventi: la crescita della ricchezza generatasi nel secondo dopoguerra, la libera circolazione dei capitali avviata dalla svolta neoliberista degli anni '80 del secolo passato ed infine il "leverage", cioè la disponibilità delle banche a finanziare tali acquisti con una quota crescente del prezzo e riducendo quindi il fabbisogno di capitale per attuarli.
Siamo abituati a pensare che la ricchezza sia frutto dello sviluppo economico che fa crescere i salari e gli utili aziendali, ma in questo ultimo trentennio la crescita economica è stata modesta rispetto ai decenni precedenti, mentre la ricchezza è cresciuta prevalentemente per l'aumento di valore dei beni patrimoniali, passando nel mondo occidentale da 4 a 6 volte il PIL.
Questa evoluzione ha creato importanti conseguenze nella società: innanzi tutto ha trasformato molti beni d'uso, la casa in primis, in beni d’investimento, rendendone più difficile l'accesso a chi non la possiede. Inoltre ha accresciuto la disuguaglianza patrimoniale e vi sono ormai chiare evidenze che tale differenza genera percorsi di vita lavorativa e sociale diversi a favore di chi ha almeno un minimo di riserva patrimoniale . Infine si è ormai diffuso il fenomeno del trasferimento ereditario durante la vita che perpetua la differenza patrimoniale e le sue conseguenze.
Ma vi è anche un effetto globale sulla società perché la crescita del valore dei beni d'investimento generata da acquisti a debito inserisce un rischio sistemico nell'economia creando delle bolle speculative continue che, se crollano, provocano delle perdite anche sul debito che le sostiene; ciò innesca una crisi bancaria e quindi una recessione come è avvenuto della grande crisi finanziaria del 2008. Quindi le emergenze create da questi eccessi vanno a colpire anche le fasce sociali più deboli.
L'intero sistema degli investimenti mobiliari è comandato da un limitato numero di grandi operatori che gestiscono il risparmio globale. Essi costituiscono i " Mercati" , che vengono presentati come qualcosa di esterno e superiore, ma in realtà è l'insieme dei nostri risparmi .
Quindi la crescita di valore, che comprensibilmente noi tutti desideriamo, è ora l'obiettivo supremo a discapito di ogni altra componente della società e in special modo del lavoro.
In modo provocatorio Ross Baird, giovane venture capitalist americano, ha detto che i fondi pensioni investono i soldi dei lavoratori per finanziare aziende che hanno la priorità di ridurre il costo del lavoro.
I Mercati, cioè il risparmio mondiale gestito da pochi operatori in modo molto simile, distribuiscono le risorse secondo priorità che spesso non vanno nell’interesse della collettività e soprattutto hanno in larga parte sostituto gli Stati nelle decisioni delle priorità, come dimostra la totale dominanza delle grandi aziende private nello sviluppo e nell’applicazione dell’Intelligenza Artificiale oppure nell’orientamento delle aziende farmaceutiche a sviluppare prodotti carissimi per quei sistemi sanitari e quelle fasce della popolazione che possono permetterseli, tralasciando lo sviluppo di nuovi antibiotici, che non siano resistenti ai batteri, perché sono un mercato poco remunerativo, anche se potrebbero dare un benefico ben più ampio all’umanità.
Gli Stati che erano i regolatori dei Mercati sono diventati dipendenti da essi per la crescente necessità di attirare risorse per finanziare il debito pubblico; salvo poi dover intervenire a salvare l’attività economica tutte le volte che viene minacciata delle crisi prodotte dagli eccessi della stessa finanziarizzazione.
Questo quadro ha portato ad un’impasse nel mondo occidentale: bassa crescita economica, con la sola eccezione degli ultimi tre anni negli Stati Uniti, con una conseguente stagnazione dei salari, mentre la ricchezza cresce perché autoalimenta se stessa grazie all’aumento del valore dei beni patrimoniali. Ciò ha creato una posizione di rendita nella società per chi possiede della ricchezza rispetto a chi ne è escluso.
Questa situazione è uno degli elementi dello sconvolgimento politico e del successo dei partiti populisti. Le fasce sociali economicamente più deboli e parte della stessa classe media sono deluse da questo stallo che ha tolto loro prospettive positive che invece erano state loro promesse dalle cosiddette “elite”.
L’obiettivo del libro è innanzi tutto di creare consapevolezza rispetto a questa situazione.
E’ difficile trovare soluzioni, anche perché non possono essere trovate solo a livello nazionale, e lo è ancor più per la scarsezza di analisi adeguate, come il libro evidenzia.
Serve in ogni caso affrontare le cause prime della situazione e cioè costruire un percorso di “DEFINANZIARIZZAZIONE”
Un primo passo potrebbe consistere nell’ eliminare la deducibilità degli interessi sul debito che viene utilizzato per acquisire beni di investimento esistenti.
La non deducibilità degli interessi riduce i ritorni finanziari poiché rende più cara l'assunzione del debito e può essere un disincentivo agli investimenti più speculativi che sono in larga parte finanziati a debito.
Più in generale vanno stabilite regole che limitino la crescita speculativa del valore dei beni d’uso: un valido esempio è quello di Vienna di limitare l’acquisto delle case ai non residenti.
Il capitale e i risparmi sono abbondanti ed è una contraddizione che possano ottenere ritorni finanziari elevati, prevalentemente autoalimentando il valore dei beni patrimoniali esistenti senza un beneficio per l’intera società e l’economia. Al contrario essi dovrebbero essere disponibili per investimenti , con ritorni più bassi, e orientati all'interesse collettivo. Inoltre un disincentivo alla ricerca spasmodica della massimizzazione del valore porterebbe una minore pressione alla riduzione del costo del lavoro, e quindi un riequilibro sociale.
Negli ultimi 40 anni si è affermata la convinzione che il capitalismo e la società siano dei sistemi migliori se si riducono le regole. Non è così, le società hanno bisogno di incentivi e di proibizioni che devono essere orientati agli obiettivi. L’abbattimento delle regole in modo eccessivo e l ’assenza di riflessione su dove si voglia andare genera invece un apparente senso di libertà per tutti, ma in realtà è la supremazia del più forte. La forza positiva del capitalismo è l’imprenditorialità, mentre la rendita e la concentrazione di potere sono i suoi possibili effetti indesiderati che vanno combattuti.