L’Europa in un vicolo cieco: che fare?
Parte due: un’analisi tecnica, forse un po’ noiosa, ma necessaria per non “sognare”
Il mio ultimo recente post ha suscitato interesse per il suo approccio “diverso”, ma anche molte domande e perplessità sulla sua possibilità di realizzazione.
Luca Foresti, che molti di voi conoscono, rilancia spesso i miei post, ma questa volta mi ha mandato privatamente alcuni messaggi di perplessità. Luca è un amico e abbiamo anche lavorato insieme proficuamente per più di 10 anni (lui come CEO ed io come presidente) al Centro Medico Santagostino. Gli ho chiesto quindi l’autorizzazione a pubblicare i suoi commenti e di utilizzarli come stimolo per approfondire la mia riflessione, perciò, qui sotto trovate i suoi brevi messaggi. Preciso che il mio obiettivo non è affatto polemizzare con lui, quanto cercare di dare più sostanza alla mia proposta e di chiarire come siamo dominati da una narrativa quasi senza speranza.
“Secondo me sei troppo scettico sulla via Draghi e in generale sulla costruzione di un ecosistema dell’innovazione come base necessaria (ma non sufficiente).
Poi un commento tecnico sul grafico che citavi, anzi due commenti tecnici. Il primo è che quel grafico è del 2016, quindi nei successivi nove anni le cose potrebbero essere cambiate e andrebbe controllato.
Il secondo commento è che quel grafico ti racconta la mediana, ma non è detto che il campione dentro al calcolo della mediana rimanga uguale, ovvero è possibile che alcune persone si spostino in alto o in basso, pur mantenendo la mediana in quel modo, e questo fa una certa differenza nella creazione della società.
Ma, ad esempio, se prendi i paesi del Nord, hanno uno sviluppo tecnologico piuttosto potente in rapporto alla popolazione, e in quel caso la situazione è migliore.
Intendevo ovviamente il Nord Europa, quindi Svezia, Finlandia, Estonia, Norvegia, Danimarca
Come ti dicevo, non è una condizione sufficiente per ottenere quello che vorresti ma a mio parere è una condizione necessaria, ovvero se non hai uno sviluppo tecnologico potente è impossibile macroeconomicamente sostenere quello che dici tu”.
Per sostenerlo quindi devo affrontare alcune tematiche tecniche e vari studi, ai quali farò riferimento dando la fonte e, dove possibile, i link; e, per non rendere il tutto troppo tedioso, andrò per punti sintetici che si rifanno a queste fonti:
Giustamente Luca dice che il grafico che ho riportato (sul gap fra PIL e mediana dei redditi negli USA) finisce nel 2016, ma io stesso avevo messo in nota che successivamente la situazione è leggermente migliorata, nel senso che il gap non si è chiuso, ma la forchetta non è aumentata. In particolare, negli ultimi anni, dopo il Covid, l’economia americana ha avuto buoni tassi di crescita, ma il motivo non è legato in modo particolare agli investimenti e allo sviluppo delle aziende tecnologiche, bensì all’enorme deficit annuale (6% del PIL), che l’amministrazione Biden ha utilizzato per programmi di sostegno specifici alle persone povere, e mettendo a disposizione enormi quantità di soldi per favorire gli investimenti delle aziende. Inoltre, negli ultimi tre anni vi è stata, per la prima volta dopo molto tempo, una crescita dei salari bassi superiore all’inflazione. Ciò è avvenuto per la crisi lavorativa successiva al Covid, e quindi alla scarsezza di lavoratori con poche competenze, che ha obbligato i datori di lavoro ad alzare le remunerazioni. Vi è stato anche un incremento di produttività, cioè un uso maggiore di automazione anche nelle attività più semplici. Quindi niente che non possa essere fatto in Europa anche ora, e comunque, anche se le nuove tecnologie sono state sviluppate in USA, nulla impedisce a noi di usarle. Quindi ciò che fa crescere i redditi bassi non sono le aziende tecnologiche, che impiegano poche persone, ma l’utilizzo delle tecnologie stesse, e la spesa pubblica. Ed anche quando la crescita economica è sostenuta dalle nuove tecnologie, come nel caso degli investimenti nei data center. ( in nota 1 i riferimenti a quanto detto qui)
Luca si interroga se per caso vi sia una forte mobilità sociale, la quale permetterebbe alle persone di muoversi lungo la scala reddituale. In realtà non è così, perché ormai tutti gli studi mostrano che le caratteristiche ambientali di una famiglia: educazione, reddito e patrimonio costituiscono un vantaggio competitivo enorme, che è difficile da superare, e pertanto in tutto il mondo occidentale, ed in particolare degli Stati Uniti, la mobilità sociale è crollata a causa della disuguaglianza, che invece è cresciuta. Trovate alcuni articoli che sintetizzano la situazione: e uno è tra l’altro prodotto dalla Federal Reserve. Infine, una previsione, sempre di una istituzione del governo americano, prevede che la crescita principale dei lavori, in valore assoluto, sarà nell’area dell’assistenza e della sanità, che hanno una remunerazione sotto la mediana. Ne consegue che l’essere un paese tecnologicamente super avanzato come gli Stati Uniti non riduce la disuguaglianza economica e sociale. Poi ci possiamo avventurare anche su cosa avverrà in futuro con le nuove tecnologie, ma in generale - stante l’attuale rapporto di forza tra capitale e lavoro - è facile ritenere che gli incrementi di produttività andranno prevalentemente alle aziende piuttosto che ai lavoratori.
Quanto finora detto dimostra che l’essere la nazione più avanzata al mondo sul piano tecnologico non garantisce affatto una struttura del mercato del lavoro che favorisca una società equilibrata. E proprio dicendo questo, Trump è stato eletto. Si potrebbe poi affermare che negli Stati Uniti manca l’altra faccia della medaglia, e cioè delle politiche sociali che riducano la disuguaglianza, ma non si capisce chi queste politiche le possa pagare, visto che fare politiche redistributive a valle della produzione del reddito è estremamente difficile, perché la tassazione delle ricchezze è quasi impossibile, e l’unico modo per rendere una società più equilibrata è quello di realizzare maggiore equità nella distribuzione del reddito, migliorando le remunerazioni dei lavori di fascia più bassa, e riducendo così le differenze salariali. (in nota 2 trovate elementi di sostegno alla bassa mobilità sociale americana e al fatto che la maggioranza dei nuovi lavori hanno salari sotto la mediana)
Luca sostiene che questa mia ultima proposta abbia come condizione necessaria quella di avere uno sviluppo tecnologico in termini di creazione di innovazione. Io ho dato come esempio da seguire Canada, Australia e Danimarca, che hanno oggi i salari minimi più alti nel mondo occidentale: circa 15 euro/ora. Qual è il grado di attività economica legata alle tecnologie di questi paesi? Difficilissimo dirlo, ma certamente la maggioranza dell’innovazione viene oggi dalle aziende che sono state finanziate dal venture capital e pertanto sceglierei, come parametro per valutare questo fattore, il rapporto fra dimensione del mercato del venture capital e il PIL. Per farlo ho elaborato i dati ufficiali delle associazioni di settore, ed in parte mi sono affidato a Chat GPT. Incrociando i vari dati, emerge che questi tre paesi hanno circa un rapporto dello 0.1%. Per valutare questo dato possiamo compararlo con quello statunitense, che è di oltre l’1%, mentre i due paesi europei più sviluppati in questo senso, UK e Francia, sono rispettivamente all’0.1% e allo 0.07%. Questi dati mostrano che Gli Stati Uniti vivono in un mondo diverso, e certamente il dato reale del tasso di innovazione è molto più alto, perché questo numero non include gli enormi investimenti che stanno facendo le grandi società, tipo Google, Amazon, Facebook e Microsoft. Il gap è largamente incolmabile, ma emerge anche che i tre paesi che sto citando come esempio sono lontanissimi dalla realtà americana, ma simili ai due paesi europei con la percentuale migliore. Purtroppo, gli altri paesi continentali sono lontani da UK e Francia, e certamente questo li rende assai deboli e fragili, in quanto manca una parte importante dell’economia in termini di competenze e di attività economica.
Questa analisi, pur nell’estrema difficoltà di trovare parametri adeguati, mostra che un’enorme attività di sviluppo di nuove tecnologie non è un elemento necessario per avere una società socialmente più equilibrata. Infine, Svezia e Finlandia hanno un valore, per questo parametro di circa 0.1% e quindi, se sono socialmente più equilibrati di Francia e UK, non è certo per il loro avanzamento tecnologico.
Per capire la cultura dominante negli Stati Uniti basta dare uno sguardo a questo manifesto di tecno ottimismo: che è stato scritto da uno dei personaggi più in vista nel venture capital americano. Molte affermazioni sono condivisibili perché certamente tecnologia e mercato sono due strumenti necessari per lo sviluppo umano, ma in esso manca ogni attenzione ai temi sociali, e soprattutto non vi è la comprensione che questi due fattori producono ricchezza, ma non ne governano la distribuzione, anzi talvolta sono la fonte stessa della disuguaglianza. Giustamente alcuni hanno rinominato questo documento “Il manifesto del tecno feudalesimo”.
La struttura di una società è figlia delle sue scelte politiche, e quindi della volontà dei cittadini: se si visitano questi paesi ed in particolare due di essi, Canada e Australia - non piccoli come la Danimarca e quindi più significativi - si percepisce che l’equilibrio sociale è nel DNA della cultura del paese. Ricordo di aver avuto l’opportunità, in un viaggio in Australia, di conoscere una persona che ha avuto anche dei ruoli politici, e, di fronte alle mie domande sulla loro dura politica immigratoria, mi disse: “E’ vero: siamo duri, ma il consenso su questa politica è generale, perché riteniamo che un’eccessiva immigrazione abbia un impatto di riduzione dei salari, soprattutto nelle attività a basso valore aggiunto. Questo rende alcuni tipi di consumi, come per esempio andare al ristorante, più difficile per la classe media, ma ha come contropartita una società più coesa; e noi tutti sappiamo che non dobbiamo dare mance, perché i ristoranti pagano un salario equo e, se non lo fanno, i controlli li obbligheranno a chiudere.”
Il paese che è all’avanguardia nella produzione di nuove tecnologie è un paese che ha un’estrema forza geopolitica, in quanto impone al resto del mondo, attraverso le sue tecnologie digitali gli standard di vita e inoltre molte tecnologie hanno oggi una forte valenza militare e di sistemi di controllo. Ma questa posizione di vantaggio non ha nessuna specifica relazione con l’equità sociale, L’Europa può invece essere all’avanguardia nell’uso di queste tecnologie - come ho detto nel precedente post - e una crescita dei salari bassi sarebbe un fortissimo stimolo all’utilizzo dell’innovazione tecnologica. Questo implica un cambio graduale della struttura dell’economia e anche in parte nel modello di consumi, ma genera estremo beneficio sulla convivenza sociale. Una scelta di questo tipo ha anche il vantaggio di essere una parziale soluzione del calo demografico e trasformarlo in un incentivo ad aumentare l’automazione e ridurre il bisogno di immigrazione bassa qualificazione.
Peraltro, i tecno-feudalisti fanno davvero vedere il loro volto quando, dopo aver messo la vittoria sul Covid come un loro trofeo, non dicono nulla rispetto alle recenti politiche del governo americano anti-vaccini, e certamente non lo fanno perché hanno cambiato idea, bensì perché allineano le loro bandiere, mercato e tecnologia, al proprio interesse.
Certamente dobbiamo investire di più nello sviluppo di tecnologie, ma la ricetta Draghi non è “la pallottola vincente”. Ritenerlo vuole dire mettersi nella posizione di “aspettando Godot”. Attendiamo un mercato unico europeo completato, una mutualizzazione dei debiti pubblici, un mitico arrivo di capitali: tutti obiettivi di cui parliamo da anni senza un passo avanti, e nel frattempo non stiamo facendo nulla. Questa ricetta è un abbaglio: chi è sufficientemente anziano ricorda che qualcosa di simile è già avvenuto negli anni 80, quando l’arrivo delle tecnologie produttive giapponesi ha fatto pensare per alcuni anni che Il Giappone avrebbe addirittura sostituito la supremazia americana nelle tecnologie e nella potenza di mercato. Chiunque abbia visitato quel paese e ne abbia studiato la storia capisce perfettamente che tutto questo non era possibile, perché allo sviluppo di quelle tecniche non corrispondeva un paese e una struttura sociale e culturale che potesse svolgere quel ruolo. Per capire cosa si può essere in futuro bisogna conoscersi e conoscere la propria storia.
Concluderò questa avventura nel “che fare” con una prossima ultima puntata che riguarderà il ruolo che il settore pubblico e i sindacati dovrebbero avere per promuovere il cambiamento che sto proponendo e che si basa su tre pilastri: salari minimi più elevati e crescita di tutti i salari medio bassi, flessibilità dei contratti di lavoro e incentivi all’automazione di tutte le attività. È bene che teniamo in mente ciò che ha scritto il premio Nobel Paul Krugman: “How much does Europe’s lagging position in technology matter? The answer isn’t as obvious as you may think. Normally the big payoffs from technological progress go not to the developers but to the businesses and individuals who use the technology. So Europe can still derive large benefits from technological progress even if the technologies are being developed in the United States (and China)”.
PS: Lunedì 29 ho presentato il mio libro alla libreria Feltrinelli di Milano. Ho avuto come “discussant” Marco Castelnuovo , responsabile della pagina di Milano del Corriere. La discussione ha permesso di entrare anche in temi concreti e di come la finanziarizzazione influisca nella nostra vita quotidiana. Qui il link del video dell’evento:
NOTA 1
· https://www.brookings.edu/articles/the-us-recovery-from-covid-19-in-international-comparison/?utm_source=chatgpt.com: elevati consumi anche dovuti al sostegno alle fasce povere
· https://www.nber.org/papers/w33555?utm_source=chatgpt.com: incremento produttività nei ristoranti
·
Impatto positivo della spesa pubblica durante la presidenza Biden
· https://economics.mit.edu/sites/default/files/2024-04/The%20Unexpected%20Compression%20-%20Competition%20at%20Work%20in%20the%20Low%20Wage%20Labor%20Market.pdf?utm_source=chatgpt.com: incremento dei salari dovuti ad un mercato del lavoro che ha favorito i lavoratori
· https://www.ft.com/content/603be7d5-13ac-4047-9854-24db5f0f0802: impatto degli investimenti in data center sull’economia americana
NOTA 2:
· https://www.science.org/doi/10.1126/science.aal4617: riduzione della mobilità USA
· https://www.bls.gov/emp/videos/home.htm: mostra i lavori che avranno più crescita in percentuale, ma soprattutto in valore assoluto. La mediana dei salari in USA è $62k dollari e il video mostra che la crescita principale è in lavori che hanno un reddito sotto la mediana