Ho spiegato nelle due precedenti newsletter la situazione di blocco in cui si trova il mondo occidentale, e in particolare l'Europa: bassissima crescita economica, stagnazione dei redditi e crescita dei debiti pubblici per mantenere lo stato sociale a cui i cittadini comprensibilmente non vogliono rinunciare.
Ho anche sostenuto come la tecnologia stia fortemente influenzando - come sempre da oltre cento cinquant'anni - il mercato del lavoro, polarizzandolo tra salari di fascia medio alta e salari bassi, riducendo la fascia in mezzo, che è stata l'ossatura della classe media nel secondo dopo guerra, in quanto è costituita da lavori più facilmente automatizzabili, che quindi continuano quantitativamente a ridursi.
Questo è uno dei fattori più importanti alla base dello stallo economico-sociale, ma anche della crescente globale insoddisfazione delle persone.
Come accennavo, la risposta più citata ed invocata per l'attuale situazione è rappresentata dalle tesi sostenute da Draghi, che in sintesi possiamo definire un tentativo di ridurre il distacco tra Europa e Stati Uniti nel mondo delle nuove tecnologie e della loro applicazione, ma invoca anche una riduzione della regolamentazione, che certamente in Europa è in molte aree eccessiva.
Personalmente ritengo questa strada poco praticabile nei fatti, e non risolutiva rispetto al disagio di cui ho appena parlato.
È poco praticabile, perché il nostro ritardo è enorme, e il mondo delle start-up e del venture capital richiedono un ecosistema di competenze, di imprenditorialità e di investitori, che dobbiamo certamente sviluppare, ma che non potrà mai avvicinarsi alla realtà americana. È inoltre necessario ricordare che molte delle applicazioni concrete dell'intelligenza artificiale e delle altre nuove tecnologie riguardano il mondo dei servizi, con notevole rilevanza nei settori dell'educazione e della sanità, ma questi settori sono totalmente frammentati in Europa, con forti barriere all'entrata nei vari paesi, e questo rende difficile per le aziende crescere, avendo un mercato locale piccolo e con difficoltà ad estendersi. Infine non sarebbe comunque una via risolutiva, perché essa ha certamente contribuito al maggior sviluppo di crescita economica degli Stati Uniti e anche alla sua predominanza geopolitica, ma non ha risolto il tema della polarizzazione del mondo del lavoro, e del fatto che anche negli USA rimangono moltissimi lavori a bassa competenza, che sono poco pagati e che spesso richiedono l'arrivo di immigrati, poiché i nativi non desiderano fare quel lavoro. La conferma di questo viene da vari studi ed è ben rappresentata da questo grafico (1) prodotto dalla Federal Reserve, il quale mostra che il reddito mediano , cioè il reddito che divide a metà il 50% dei redditi più elevati dal 50% di quelli più bassi, ha avuto una crescita molto inferiore a quella del Pil. Ciò vuol dire che una parte della popolazione non ha goduto della crescita economica: la dimostrazione pratica viene poi dal fatto che durante la presidenza Biden l'economia americana è cresciuta molto più di quella europea grazie alla spesa pubblica ed alle nuove aziende tecnologiche, ma il partito democratico ha perso le elezioni - nonostante i buoni risultati macroeconomici - proprio per le stesse ragioni che rendono insoddisfatti molti europei.
La “proposta Draghi" è quindi un invito a provare a cambiare rotta, ma non ha la possibilità di creare un cambio sistemico in Europa, e soprattutto un cambio che vada incontro al disagio della fascia di popolazione con redditi medio bassi, che negli ultimi vent'anni si è in parte spostata da posizioni spesso di sinistra verso i partiti populisti.
Mi avventuro ora a formulare alcune proposte che cerchino di affrontare la situazione, con la premessa che ogni intervento in quest'area è difficilissimo, perché implica cambiamenti sostanziali nella struttura dell'economia dei paesi, nei comportamenti e ha un forte collegamento con i temi migratori.
È sempre bene riferirsi a casi concreti, per non disegnare dei casi teorici virtuosi, ma in realtà impossibili.
Ci sono tre paesi di riferimento che in parte sono riusciti ad affrontare questa situazione: l'Australia, il Canada e la Danimarca. Sono tre nazioni con alcune condizioni irripetibili e quindi vanno considerati solo come dei punti di riferimento e di orientamento. Tutti e tre si sono mossi su due capisaldi, che sono il mantenimento di un salario minimo elevato e un controllo molto rigido dell'immigrazione.
Questi due elementi hanno i seguenti obiettivi, che sono stati raggiunti, almeno in parte nei tre paesi citati:
Uscita dal mercato delle attività particolarmente inefficienti, soprattutto di alcune micro aziende. Questo cambio costituisce anche uno stimolo a uscire dalla dipendenza dai salari bassi, che spinge a tenere in vita attività antieconomiche, mentre al contrario stimola l'innovazione e l'automazione.
Riduzione delle persone inattive in età lavorativa, grazie al fatto che salari più alti permettono e invogliano le persone native con bassa professionalità ad accettare anche lavori poco qualificati. Infatti è vero che abbiamo bisogno di immigrati, ma, stiamo sottovalutando che sta crescendo il numero di persone native che sono fuori dal mercato del lavoro e questo implica che il risultato finale in termini di reddito pro capite è negativo. Inoltre, come ha spiegato benissimo l'economista Paul Krugman, sta crescendo il numero dei maschi inattivi e questo non è legato ai temi della famiglia e della maternità. Questa situazione può essere solo superata attraverso un diverso sistema di formazione e un incremento dei salari per le professionalità più basse in modo da gradualmente tentare di incorporare queste persone nel mercato del lavoro, riducendo appunto la necessità di immigrati con bassissime competenze.
I salari minimi più elevati generano un aumento dei prezzi in alcune attività che noi possiamo normalmente chiamare informali: ristorazioni, negozi, piccole manutenzioni. Ciò vorrà dire una parziale rinuncia a questo tipo di consumi da parte dei redditi medi: non è un gran sacrificio ed è compensato dai maggiori redditi della fascia bassa, che andranno quasi totalmente in consumi.
Se si riesce a far lavorare molto di più i nativi disoccupati, scende il bisogno di immigrazione, e soprattutto quello dell'immigrazione senza competenze, e si riduce la crisi legata a questo tema.
Questo tipo di evoluzione non genera un aumento dell'attività economica, quanto piuttosto un'attività economica prodotta con meno persone, quindi un incremento del Pil pro capite, cioè più benessere ed una società più equilibrata, nella quale si riducono le differenze salariali, che spesso non hanno alcun fondamento. Anzi molti lavori manuali non sono meno nobili e sono spesso più impegnativi
Infine questo tipo di cambiamento spinge all'automazione e a rendere le attività più produttive, e sappiamo che l'incremento di produttività nel tempo genera ricchezza per tutta la popolazione
Siamo abituati a pensare che i salari in Italia e Spagna siano bassi, ma altrove molto più alti. Ciò è vero nelle grandi aziende, ma ormai tutte le economie europee hanno sviluppato una fascia di lavori poco pagati (per esempio in Germania riguarda il 18% dei lavoratori ). Questa è una vera forma di “addiction” che aiuta i consumatori dei redditi medio alti, ma che allontana dal mercato del lavoro i nativi con competenze basse e richiede un sempre maggior numero di immigrati in una contraddizione evidente e antieconomica.
Inoltre è ormai evidente che non vi sono azioni ed interventi che riescono a contrastare il calo demografico e pertanto l'unica risposta possibile è quella di promuovere l'automazione anche nelle attività con minor valore aggiunto. Andare in questa direzione vuol dire un totale cambiamento culturale, che va esattamente nel senso di creare non una maggiore ricchezza in assoluto, ma una ricchezza più distribuita, in una società più efficiente, nella quale gradualmente si potrà lavorare di meno, perché ci sarà più automazione.
L'Europa difficilmente sarà leader nel creare aziende che offrono tecnologie che facilitano l'aumento di produttività; tuttavia, proprio per le condizioni demografiche, siamo nella condizione di diventare leader nell'applicazione di queste tecnologie e costruire quindi soluzioni che possono essere anche adottate da altri paesi. L'innovazione non passa solo attraverso i brevetti, ma anche attraverso i sistemi con cui la società è organizzata.
Inoltre la polarizzazione del mercato è anche geografica: Il lavoro più qualificato cresce nelle grandi città: dove c’è sviluppo economico e dove ci sono i sistemi economici, formativi, sociali e culturali che spingono all'innovazione. Questo soprattutto perché l'incremento di occupazione non viene più dalle fabbriche, ma dall'economia digitale, che richiede appunto un ecosistema. Ma in queste aree di sviluppo economico la finanziarizzazione ha creato un enorme incremento dei valori immobiliari e in generale dei costi della vita, e ciò rende difficile attirare nuove persone e soprattutto attivare una migrazione interna dalle aree più povere a queste zone che offrono più opportunità. Salari più elevati permetterebbero di affrontare il problema, al quale si deve aggiungere l'intervento per ridurre la continua crescita dei valori immobiliari. La risposta può quindi solo passare per costruire nuove case, allargare le aree di grande sviluppo e porre legislazioni che riducano la finanziarizzazione delle case in queste zone. Vi è una chiara resistenza dei residenti a questo processo, ed in particolare questa opposizione viene dalla classe medio alta: ma questo tipo di conservazione è contraria all'interesse collettivo e va contrastata. Ovviamente la crescita delle città va fatta bene con progetti che integrino le abitazioni con i servizi adeguati.
Questo approccio consentirebbe quindi un maggior sviluppo economico, toglierebbe reddito alle rendite di posizione immobiliari per trasferirlo ai lavoratori, e ridurrebbe il numero delle persone che vivono nelle aree con meno potenzialità di offrire lavoro (che sono chiaramente le aree in maggiore sofferenza e dove la protesta e la rabbia delle persone è più elevata, come dimostra il fatto che i partiti populisti hanno in queste aree la loro forza principale).
Questo processo non può essere fatto in un colpo solo, ma attraverso una crescita graduale dei salari minimi e un adattamento di tutti i meccanismi economici, formativi e sociali e per creare un consenso anche nell’opinione pubblica
Questa che ho tracciato è una linea di azione estremamente difficile, ma in realtà l'attuale situazione non ha soluzioni facili, anzi è molto probabile che continueremo su questa strada in discesa del non cambiamento. Questa proposta ha il vantaggio, rispetto alle altre alternative, di essere possibile; di non dover richiedere trasformazioni dell'Unione Europea; di non esigere consensi internazionali; e soprattutto ha l’esempio di tre paesi che sono simili all'Europa, ma che hanno saputo trovare un equilibrio migliore, un maggior consenso sociale e un maggiore benessere collettivo
Per procedere su questa strada, occorrono però alcuni cambiamenti che riguardano l'organizzazione del settore pubblico, dell'educazione, del mercato del lavoro ed anche la disponibilità di economisti, intellettuali e opinion leader di pensare diversamente e di smettere di ripetere delle ricette che cadono nel vuoto.
Affronterò questi temi nella prossima newsletter.
PS: Una amica, che ha letto in anteprima questo post, mi chiedeva “ ma gli italiani accetteranno mai di fare la raccolta dei pomodori?”. La risposta è certamente no perché nei paesi sviluppati non si possono più fare dei lavori a basso valore aggiunto che sono più adatti a paesi più poveri dove le remunerazioni basse hanno più potere di acquisto. La coltivazione dei pomodori nell’area di Foggia fa guadagnare solo i proprietari delle terre e i produttori di passata, ma genera costi sociali enormi dovuti alla totale illegalità con cui i lavoratori sono trattati, con conseguente malaffare generalizzato. Se poi i consumatori italiani vogliono un prodotto locale di super qualità lo pagheranno di più, sostenendo una filiera di produzione rispettosa della legge e delle persone. E’ ipocrita sostenere i prodotti etici che vengono dai paesi in via di sviluppo e poi chiudere gli occhi per gli sfruttamenti sotto casa.
I paesi che stanno ottenendo maggiore successo e benessere sono quelli che sono capaci di muoversi continuamente verso attività a maggiore valore aggiunto.
L’innalzamento graduale del salario minimo, e la capacità/volontà di farlo rispettare, è una delle azioni verso questa direzione
(1) va detto che dopo il 2015 il reddito mediano è tornato a crescere più in linea con il PIL, ma sempre mantenendo il “gap” accumulato nei decenni precedenti