LA VERA SFIDA DEL NUOVO SINDACO DI NEW YORK
La futura capacità di Zohran Mamdami di soddisfare le promesse fatte sarà una indicazione rilevante sulla possibilità di modificare la situazione di stallo economico e sociale del mondo occidentale.
La sua vittoria come sindaco di New York ha suscitato grande interesse, soprattutto per le caratteristiche di questa persona, e cioè di essere dichiaratamente un socialista - parola messa all’indice nel dibattito politico americano - ed anche di essere musulmano. L’attenzione si è rivolta verso la crescita della polarizzazione dello scontro politico negli Stati Uniti, alimentata dalle continue schermaglie tra lui e Il presidente Trump.
Si è anche parlato molto del suo programma, indicandone le novità rispetto al dibattito pubblico politico tradizionale, ma si è però analizzato poco il senso profondo del suo contenuto e la possibilità di realizzarlo.
Il nuovo sindaco vorrebbe ridisegnare la città di New York per chi la vive e non solo per chi può permettersela, rivolgendosi in particolare alle classi sociali più povere. Le priorità del programma sono ridurre le diseguaglianze partendo dalla vita quotidiana e lavorativa: il diritto all’abitare, l’accesso gratuito alle scuole d’infanzia e ai trasporti, l’apertura di una rete di supermercati pubblici e un graduale incremento dei salari minimi, che sono sempre più insufficienti soprattutto nelle grandi città estremamente care.
È un’agenda che si basa su un processo redistributivo da vari attori sociali “privilegiati” verso le fasce sociali più deboli, verso una parte della classe media che si sta impoverendo e verso i giovani che fanno fatica in una società in cui la mobilità sociale si è ridotta.
Chi dovrebbe pagare il costo di questo processo di trasferimento di ricchezza:
Il blocco degli affitti colpisce i proprietari di case, i quali hanno visto crescere il loro valore senza fare niente, solo per effetto del processo di finanziarizzazione, che ha fatto aumentare la domanda nei luoghi ad alta intensità abitativa;
Le scuole d’infanzia gratuite dovrebbero essere finanziate attraverso una tassa ai super ricchi;
L’aumento del salario minimo dovrebbe essere permesso da un sacrifico delle aziende, e colpirebbe maggiormente quelle medio piccole che hanno salari più bassi.
Subito dopo la vittoria, il nuovo sindaco ha chiamato nel suo staff Lisa Khan, la brillante e determinata direttrice dell’agenzia antitrust durante l’amministrazione Biden. L’obiettivo è individuare e smantellare tutte le posizioni monopolistiche, che oramai si nascondono dietro le reti di operatori di servizi, i quali, pur presentandosi sul mercato con marchi e modalità diverse, hanno un unico azionista di controllo finale, spesso di carattere finanziario.
È quindi un processo redistributivo che tocca molte aree della popolazione: non solo i super ricchi, ma anche i medi risparmiatori, che hanno investito nel settore immobiliare e il mondo delle aziende, incluso quello dei piccoli imprenditori.
Ci possono quindi essere tante aree di resistenza a questo programma, in quanto i proprietari di casa potrebbero smettere di affittare le case in una specie di sciopero contro questa nuova normativa, come per esempio in parte avvenuto in Germania. Inoltre i super ricchi potrebbero trasferire la residenza altrove, ed anche molte grandi aziende potrebbero fare lo stesso, trasferendo le loro sedi - che non hanno attività produttive - lontano dalla città. Più difficile ancora è la resistenza delle attività economiche piccole, che potrebbero comunque alzare i prezzi, colpendo così le stesse fasce sociali a favore delle quali è diretta la manovra del sindaco.
C’è poi un altro elemento di incertezza, ed è quello della grande difficoltà del settore pubblico ad essere efficace nel realizzare la sua progettualità, ad esempio non è chiaro come verrà messa a disposizione gratuitamente l’offerta di scuole dell’infanzia, e cioè se verranno fatte convenzioni con le strutture private, oppure verranno costruite nuove realtà di tipo pubblico. Il settore pubblico ha perso nel mondo occidentale molte competenze, fa fatica ad attrarre persone di qualità e manca di quello spirito imprenditoriale che invece rende le attività private molto più efficienti. Questa è un’altra sfida che il nuovo sindaco dovrà affrontare, e che purtroppo passa regolarmente sottotraccia, perché se da un lato è probabilmente necessario tassare le persone più ricche, dall’altro si pone il problema di come utilizzare in modo efficace queste risorse. La sinistra in generale non sa riconoscere ed affrontare questo problema e, così facendo, non riesce a dare concretezza ai propri progetti e alimenta la sfiducia verso il settore pubblico.
Benché quindi New York sia un microcosmo rispetto all’economia mondiale, diventerà un test della possibilità di reintrodurre l’idea che serve un processo redistributivo per affrontare gli attuali disagi del mondo occidentale; soprattutto ora che il disegno neoliberista ha perso la sua spinta iniziale e manca la crescita economica, ma soprattutto anche quando essa continua, come negli Stati Uniti, a beneficiarne è solo una parte della popolazione.
Se Mamdami riuscisse a realizzare anche solo in parte il suo progetto, significherebbe che nella società è possibile creare un nuovo patto sociale, che unirebbe gli interessi del capitale, almeno di parte di esso, e di quello dei lavoratori, soprattutto i più deboli.
Personalmente sono però purtroppo non ottimista, perché manca nel dibatto pubblico la consapevolezza che l’attuale insoddisfazione deve essere affrontata anche con un riequilibrio socio-economico, che ha la sua ragione nel riconoscimento che parte dell’attuale vantaggio delle classi sociali più “affluenti” è frutto anche di una posizione di rendita e di vantaggio iniziale, e non solo di merito, e che questo riequilibrio è l’unica cura possibile se vogliamo salvare le nostre democrazie. Questo processo deve avvenire anche tassando questi strati sociali, ma non attaccandoli direttamente ed anzi accettando che ormai nelle nostre società essi hanno alcuni circuiti ( per esempio educativi, sanitari e relazionali) differenziati. Il vero tema è fare in modo che questo privilegio non si fondi anche sul basso costo del lavoro degli altri o sulla inaccessibilità di alcuni beni, come la casa. Una strada davvero complessa e purtroppo manca chi sappia coniugare una strategia che riesca a costruire un quadro di riferimento per una nuova alleanza sociale che rompa la polarizzazione.
Un fallimento di questo tentativo a New York non farebbe altro che aumentare la polarizzazione della società e a far crescere la rabbia e l’insoddisfazione, lasciando spazio ad un ulteriore peggioramento del dibattito politico e alla ormai diffusa convinzione che i nostri sistemi democratici non riescono più a realizzare quello che a parole promettono.

